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La RIVOLUZIONE dell’Analisi, della Psicoterapia e della ‘cura’ portata da Jung. “Esistono solo casi Individuali”

30 agosto 2013

Jung Psicoterapia“Le diverse dottrine pisocoterapeutiche non hanno poi grande importanza. Ogni psicoterapeuta capace sfiora anche tutti quei registri che non fanno parte della sua teoria”
(Jung)

«L’inconscio è prima di tutto. E’ la materia prima, sempre vivente e attiva, di cui siamo fatti e da cui noi siamo usciti.
Per questa inversione di punto di vista circa il rapporto con l’inconscio, il pensiero e la pratica clinica Junghiana hanno operato una rivoluzione copernicana nel campo della psicoanalisi.»
(Manuale di Psicologia Junghiana – Christian Gaillard, p.21)

«Non tutto si può né si deve guarire (…) Non si può strappare la gente al proprio destino, così come in medicina non si può guarire un malato sé la natura vuol farlo morire.» (C.G.Jung)

«Lo scopo della psicoterapia non deve essere troppo definito: è l’esperienza a decidere in merito. Nessuna ricetta si addice a tutti.» (C.G.Jung)

«Vorrei ora concludere sottolineando il tratto più caratteristico, e fortemente anticipatore, della psicoterapia junghiana: il coinvolgimento del terapeuta nella relazione analitica. (…) Relativismo epistemologico, maggiore importanza attribuita alla verità individuale rispetto alla verità delle teorie, attenzione al qui e ora dell’esperienza, disponibilità ad accettare tutti i possibili esisti della terapia: sono queste le premesse in cui trova fondamento la trasformazione della terapia n un percorso a due dentro quel labirinto che noi siamo a noi stessi. Come si vede, siamo lontani dalla ben nota “regola dello specchio” enunciata da Freud: “Il medico deve essere opaco per l’analizzato e, come la lastra di uno specchio, mostrargli solo quello che gli viene mostrato.” Era questo un espediente apotropaico, fortemente ancorato a un’idea dell’analisi come conoscenza “scientifica” e dell’analista come storico che, utilizzando gli sparsi indizi, ricostruisce la catena deterministica degli eventi che collegano il presente con il passato più remoto. Con Jung, è lo stesso concetto di analisi che cambia. Per Freud, la parola “analisi” andava intesa nel senso che le attribuisce la chimica, cioè come separazione degli elementi che costituiscono la realtà psichica e messa in evidenza dei loro caratteri originari. Diverso è l’approccio di Jung. Non abbiamo più un “composto chimico” da analizzare ma una relazione tra due persone che interagiscono. Riprendendo la metafora chimica, Jung scrive che il rapporto tra terapeuta e paziente è “come la mescolanza di due sostanze chimiche: un legame può trasformarle entrambe”.
Nella concezione junghiana, il rapporto tra analista e paziente è dunque assolutamente centrale. Rispetto alla tecnica, più importante è la personalità del terapeuta. Scrive Jung: “Ogni psicoterapeuta non ha soltanto il suo metodo; è egli stesso quel metodo.” O anche: “In psicoterapia il grande fattore di guarigione è la personalità del terapeuta, ed essa non è data priori, non è uno schema dottrinario, ma rappresenta il massimo risultato da lui raggiunto.” Ne segue che “ogni trattamento destinato a penetrare nel profondo consiste almeno per metà dell’autoesame del terapeuta: egli infatti può sistemare, riordinare nel paziente quello che ordina in sé.”
Iin conclusione, condizione della terapia è la costituzione di uno spazio interattivo, dialogico, cioè di un rapporto in cui il terapeuta è implicato allo stesso modo del paziente. “Non è un male – scrive Jung – se egli si sente colpito, colto in fallo dal paziente: può guarire gli altri nella misura in cui è ferito egli stesso.” Questo mutuo coinvolgimento è, per il terapeuta, sia una obbligazione etica, sia una condizione di efficacia. “Il terapeuta non può cercare di eludere le proprie difficoltà curando quelle degli altri, come se egli non avesse problemi.”
Questa riduzione al minimo delle difese non esclude l’elaborazione di possibili strategie; esclude però che le strategie siano elaborate a fini difensivi. (…)
Jung è stato il grande promotore del passaggio dal passato (la ricerca delle cause) al presente, dalla interpretazione alla relazione, dal conoscitivo all’affettivo, dall’analista specchio al riconoscimento dei suoi moti affettivi. Dall’immagine del guaritore senza ferite, anzi dell’asettico chirurgo, siamo passati a quella del guaritore ferito, che usa le proprie ferite per entrare in contatto con il paziente.»
(Augusto Romano, in “Carl Gustav Jung a Eranos 1933-1952” – Antigone Edizioni, p.157-8)

«Esistono soltanto casi individuali (…) al punto che, in sostanza, non si può mai sapere in anticipo quale via prenderà ciascuno di essi; quindi la cosa migliore che possa fare il terapeuta è rinunciare a ogni idea preconcetta.» (C.G.Jung)

«Scrive Jung: ”Ogni rimedio è giusto non per quella nevrosi ma per quella persona.” E’ implicito in queste parole lo spostamento dell’attenzione dai sintomi, intesi come disturbi da eliminare, alla personalità come realtà umana da accompagnare in un processo di trasformazione. Di conseguenza, egli scrisse una volta polemicamente che in psicoterapia la diagnosi è un fatto irrilevante, “giacchè col dare un nome non si arriva a niente (…) La vera diagnosi non è basata sui sintomi”.»
(Augusto Romano, in “Carl Gustav Jung a Eranos 1933-1952” – Antigone Edizioni, p.155)

Appunti del Seminario tenuto nel 1925
«Spesso mi vengono chiesti chiarimenti circa il mio metodo analitico e psicoterapeutico. Non posso rispondere in modo univoco: la terapia è diversa per ogni caso. Quando un medico mi dice che segue rigorosamente questo o quel metodo, ho i miei dubbi sull’efficacia della sua terapia. È stato scritto tanto sulla resistenza che oppone il malato, da far sembrare quasi che il medico voglia tentare di imporgli qualcosa, mentre la cura dovrebbe provenire spontaneamente dal malato stesso». (C.G.Jung)

« (…) Trovo quindi sempre divertente quando coscienziosi medici alla moda asseriscono di praticare secondo “Adler”, “Kunkel”, “Freud” o perfino “Jung”. Non c’è e non può semplicemente esserci una cosa del genere, e, anche se potesse, si sarebbe sulla strada che porta con più certezza al fallimento.»
(C.G.Jung – Psicologia analitica e educazione. Opere Vol. XVII, p.111)

2 commenti
  1. Complimenti al curatore Emanuele Casale per questa bellissima iniziativa della quale si percepisce la passione e la ricchezza di contenuti.

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  2. Pietro Spalla permalink

    Dev’essere un tipo appassionato, ma anche in gamba questo Emanuele Casale

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